Secondo il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti, i millennials – ovvero la generazione nata a cavallo tra l’inizio degli anni ’80 e gli anni 2000 – nel 2025 rappresenteranno il 75% della forza lavoro americana. Si tratta di una percentuale considerevole rispetto ad oggi, ed allo stesso tempo le generazioni nate tra gli anni ’40 e ’50 si avviano verso la pensione.
Molti sostengono che stiamo vivendo un piccolo cambiamento di paradigma; un mutamento demografico che richiede di cambiare la nostra visione su come ci rapportiamo, guidiamo e comunichiamo con una generazione che si è formata con valori così diversi. Nessun’altra generazione precedente è stata studiata ed esaminata come questa. Ci si potrebbe chiedere perché.
La spiegazione principale si potrebbe trovare nel fatto che i millennials – chiamati anche Generazione Y – è stata la prima generazione online. Nessun’altra generazione è cresciuta con Internet, i computer e i cellulari. Questo ha plasmato i loro valori fondamentali (il termine “millennials” deriva dal fatto che questa generazione ha vissuto i suoi anni formativi all’inizio del nuovo millennio).
Mentre i baby boomer – nati tra il 1945 e il 1960 – hanno vissuto in un’epoca di grandi eventi storici: la guerra fredda, lo sbarco sulla luna, la nascita della TV, Woodstock, e i felici anni ’60, i millennials sono cresciuti in un contesto completamente diverso. Hanno assistito all’invasione dell’Iraq, hanno vissuto l’attacco terroristico dell’11 settembre, sono stati introdotti ai reality show come il Grande Fratello ed è stata, come già detto, la prima generazione cresciuta con Internet e i cellulari. Questi fattori ambientali hanno influenzato il modo in cui, chi ve ne fa parte, percepisce la società nel suo complesso, ciò che è importante negli affari e come integrarsi e socializzare con le persone.
A questo proposito, i baby boomer sono spesso descritti come coscienziosi, ambiziosi e cresciuti sotto uno stato forte, mentre i millennials vengono descritti come flessibili e indipendenti, cresciuti con il supporto dei loro genitori piuttosto che del governo. Sono socievoli, più simili fra loro e meno in conflitto con i genitori. Sono una generazione ambiziosa ma sembrano avere una debole etica del lavoro.
Poiché gran parte di questa generazione è stata convinta – prima dai genitori iperprotettivi e poi dalle promesse irrealistiche delle università – che le loro grandi aspettative avrebbero portato a risultati concreti, oggi non sorprende che i millennials siano meno interessati a lavorare sodo per raggiungere questi obiettivi.
Inoltre, i millennials hanno una visione diversa dei beni di lusso, dei servizi e di altri tipi di esperienze. Ad esempio, possedere un’auto di lusso non conferisce uno status (la proprietà condivisa è più intelligente, es. car sharing). Avendo una vasta scelta per quanto riguarda le modalità di comunicazione digitale, i millennials, interagiscono in modi diversi rispetto alla maggior parte delle persone anziane. Usano più social contemporaneamente e spostano costantemente la loro attenzione da una piattaforma all’altra.
”Questa generazione freme dalla voglia di cominciare. Voi siete pronti a cambiare il mondo?”
Farshad Asl, docente e scrittore
Dal punto di vista dei datori di lavoro e di chi lavora nel marketing, ciò comporta diverse sfide. Se consideriamo i millennials come possibili clienti o dipendenti, la prima domanda che dobbiamo porci è, come attiriamo la loro attenzione?
È importante tenere conto di diversi fattori. Oltre al fatto che i millennials desiderano una maggiore attenzione influenza sul lavoro che svolgono, sono desiderosi di ricevere feedback continui e rapidi. Si contraddistinguono anche per le loro ambizioni filantropiche.
Nell’indagine di ProSales sulle aspettative dei giovani nel settore marketing, sono stati individuati importanti criteri per la scelta del datore di lavoro, tra cui l’opportunità di “aiutare gli altri” e di “fare la differenza nel mondo “. Questo rappresenta una sfida, ad esempio quando si tratta di scegliere un millennial per inserirlo nel proprio team di vendita.
In particolare, lo stesso studio ha dimostrato che il 17% dei giovani svedesi, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, ritiene che il marketing sia una professione in cui si ha l’opportunità di contribuire a rendere il mondo migliore. Questo rappresenta una vera e propria sfida per molte società che sono tradizionalmente più orientate al business: mettendo in evidenza anche altri valori.
Che i millennials come generazione abbiano più valori filantropici sia come clienti che come dipendenti è stato confermato da molteplici studi a livello globale. Ad esempio, uno studio di ‘’Cones Communications’’ ha rilevato che 9 millennials su 10 sono disposti a cambiare la marca che usano di solito per sostenere una buona causa, mentre l’87% preferirebbe acquistare un prodotto associato a un valore sociale o ambientale.
Da uno studio di Deloitte, condotto su 7.800 giovani accademici in 29 paesi, è emerso che secondo il 93% dei millennials le aziende devono impegnarsi di più nel contribuire alla creazione di un mondo migliore, il 70% invece ha indicato come preferenza l’impegno nella riduzione delle disuguaglianze sociali. Allo stesso tempo, il 75% degli intervistati ha risposto che le aziende si preoccupano solo dei propri profitti, piuttosto che contribuire in modo positivo alla società in generale.
Le aziende in grado di trasformare il loro business, sulla base dei valori delle nuove generazioni, hanno molto da guadagnare. Ed è ora di cominciare ad agire. Non dobbiamo dimenticare che, già oggi, la metà degli acquirenti B2B sono millennials.
La caccia al talento e il grande cambio generazionale sono in pieno svolgimento, il mercato è molto competitivo e chi non è al passo rischia di rimanere indietro.
I giovani di oggi tendono a lasciare con facilità il proprio posto di lavoro se non sono soddisfatti, allo stesso modo tendono a cambiare rapidamente i fornitori di prodotti/servizi che non sono all’altezza delle loro grandi aspettative.
Fonte ProSales.com per leggere l’articolo originale cliccare qui
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